“Oggi le telecomunicazioni vivono una delle fasi più delicate della loro storia: alla crescita impetuosa del traffico e dell’economia digitale, e in ultimo l’arrivo dirompente dell’IA, si contrappone, da oltre quattordici anni, una compressione dei ricavi, ridotti di oltre un terzo, mentre il traffico sulle reti fisse e mobili è cresciuto in modo esponenziale. Un paradosso che rischia di indebolire proprio il motore della digitalizzazione del Paese”. Così Laura Di Raimondo, direttore generale Asstel, intervenendo a “Telco per l’Italia”.
“La sostenibilità degli investimenti infrastrutturali è oggi messa seriamente a rischio da tre fattori: costo delle frequenze, prezzo dell’energia e costo del capitale. Il peso economico del costo delle licenze mobili è stato in Italia tra i più alti in Europa, assorbendo risorse che sarebbero state utili a sostenere investimenti necessari per lo sviluppo di tecnologie come il 5G; a ciò si aggiunge il costo dell’energia, tra i più alti d’Europa, che impatta su un settore energivoro chiamato a garantire continuità di servizio 24 ore su 24. Infine, il crescente costo del capitale, a fronte di rendimenti in costante riduzione, comprimono la capacità delle imprese di generare cassa e rallentano la programmazione di nuovi investimenti di lungo periodo. Siamo di fronte a un modello che rischia di diventare economicamente insostenibile e socialmente miope – ha spiegato Laura Di Raimondo – perché senza la forza economica di chi costruisce e mantiene le reti di telecomunicazioni, l’intero ecosistema digitale del Paese è destinato a indebolirsi”.
Accanto alle criticità economiche, persiste una forte asimmetria regolamentare tra operatori telco tradizionali e grandi player digitali. Le Tlc operano in un regime di iper-regolamentazione che non trova riscontro per i fornitori di servizi digitali che generano gran parte del traffico ma intercettano altrove la creazione di valore. Servono regole simmetriche – ha sottolineato Di Raimondo – non per chiedere scorciatoie, ma per garantire un contesto competitivo equo e sostenibile”.
La filiera delle telecomunicazioni vale circa il 6% del PIL nazionale e dà lavoro a oltre 200.000 persone, ma negli ultimi quattordici anni questo numero è in costante diminuzione. Una dinamica che rischia di disperdere competenze strategiche per il futuro proprio nel momento in cui la transizione digitale richiede profili professionali sempre più qualificati e in grado di abbracciare la sfida dell’intelligenza artificiale “un sistema di tecnologie – precisa Di Raimondo – che renderà competitivo chi saprà usarlo, mentre le organizzazioni che non riusciranno a sfruttarlo, rimarranno indietro senza neanche accorgersene”.
“La trasformazione tecnologica è prima di tutto una trasformazione del lavoro, dell’organizzazione del lavoro e delle competenze – ha evidenziato Di Raimondo – e va governata con strumenti moderni e adeguati, non lasciata al caso”. In questo contesto complesso si inserisce il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Telecomunicazioni, recentemente siglato. Non un semplice atto negoziale, ma una vera scelta di responsabilità industriale e sociale: uno strumento pensato per accompagnare la trasformazione della Filiera nel suo complesso con una prospettiva di lungo periodo fino al 2028”.
Il nuovo CCNL introduce, tra le principali novità: il nuovo sistema delle aree professionali, che supera i vecchi livelli e valorizza competenze, occupabilità e responsabilità; un’ area contrattuale dedicata al comparto CRM/BPO, per contrastare il dumping contrattuale e garantire sostenibilità economica e occupazionale; il rafforzamento del welfare di settore, della previdenza complementare e della sanità integrativa; nuovi strumenti su lavoro agile, genitorialità, violenza di genere e bisogni educativi speciali; una correlazione strutturale tra principi ESG e istituti contrattuali.
“Abbiamo scelto di usare la contrattazione come un vero strumento di governo della trasformazione – ha aggiunto Di Raimondo – mettendo al centro le persone, la loro crescita professionale e la sostenibilità della filiera TLC. Si tratta di un contratto che guarda al futuro, per questo si è deciso di affrontare anche il tema dell’IA, sempre più importante in ogni organizzazione, ma da utilizzare in maniera trasparente e non discriminatoria”. Secondo Asstel, il futuro delle telecomunicazioni italiane dipende ora da una scelta chiara: continuare con regole del passato o costruire un nuovo quadro di politiche industriali e regolatorie coerenti con il ruolo strategico delle infrastrutture, delle reti e dei servizi digitali. La Filiera ha già fatto la sua parte, assumendosi responsabilità anche difficili – ha concluso Di Raimondo – ora serve uno sforzo altrettanto responsabile da parte delle istituzioni. Perché se si indeboliscono le telecomunicazioni, si indebolisce l’Italia. E il rischio non è solo industriale: è un rischio per la tenuta complessiva del nostro futuro digitale”.
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